Si dovrebbe scrivere quel poema,
quello che sempre si dice nel suo silenzio,
quello che nel suo dire si tace sempre.
Si dovrebbe leggerlo
nelle sue orme di assenza, nel suo senso
di mancanza, di carenza,
e scriverlo
nell’essere senza fine della lettura,
nell’essere della lettera,
nella parola occulta: che se ne va.
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