Sia dunque,
che tu,
mai più vorrai più credermi.
Ma tutto si spande
nel silenzio della notte
e nessuno che pensa
all’abitudine fluviale
del tetraedon
nei mangrovieti
Nessuno
all’arcano infinito
della costante di Ludolph
oltre le cento cifre
Ad un valtzer
A una reliquia dei santi
A un rêverie
per la stanza obliqua
Ai caleidoscopi
tra l’indaco
e l’invisibile spillo
distante
della luce
(alle note che mi presero in braccio: Debussy, ” Rêverie”)
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