La proposta ha tutta l’aria di non essere soltanto provocatoria. Il Giappone naviga da tempo in una crisi economica e previdenziale di difficile soluzione tanto da spingere il premier Shinzo Abe ad intraprendere un percorso di forti riforme di politica economica e monetaria. La proposta di Akira Amari (nella foto a sinistra) è giunta tramite un video messaggio a un convegno tenutosi a Roma, organizzato dalla fondazione Italia-Giappone.
Udito il messaggio gli interlocutori hanno immediatamente pensato ad un errore del traduttore. Invece era tutto vero, la linea del Ministro giapponese è riuscita a spaventare anche il già ferito popolo italiano, gravato dalle riforme “lacrime e sangue” della Fornero. «Tra un paio di decenni un quarto della popolazione giapponese avrà un’età superiore ai 65 anni. Aumenteranno le spese sanitarie e previdenziali e diminuirà la forza lavoro, potrebbe essere una tragedia. Ma se invece fosse possibile una soluzione a questo problema, grazie allo sviluppo tecnologico o mediante la riforma del sistema previdenziale, creando cioè una società nella quale le persone rimangano attive per tutta la vita, questa soluzione potrebbe essere esportata in tutto il mondo». Parole spaventose che ridicolizzano perfino la dura linea d’austerity intrapresa dalla troika in Europa. Il paese del Sol levante ha optato, dunque, per un profondo rinnovamento economico per uscire da un ventennio di deflazione e di crescita anomala. Alle domande degli interlocutori presenti al convegno ha seguito poi un spaventosa spiegazione del ministro sul modo in cui il suo progetto dovrebbe realizzarsi.
Che la produttività dei lavoratori diminuisca al crescere dell’età è cosa nota e naturale. Ai fattori psicologici legati all’assenza di nuovi stimoli infatti si aggiungono il degrado fisico e psicologico, tutti elementi che hanno alimentato da sempre il cosiddetto “turnover generazionale”. Ma la natura non sembra possa scomporre i piani del Giappone e del suo audace ministro Amari:
«Utilizzando – ad esempio – le cellule IPS (staminali pluripotenti indotte, ndr), sarà possibile creare cellule sane da sostituire a quelle malate, o addirittura agli organi malati». In pratica un calcio al ricambio generazionale in nome dell’avvento della biotecnologia. Basta giovani, saranno i nonni “dopati” e rimontati in officina a sostenere l’economia del Paese per evitare il collasso del sistema previdenziale.
Le parole di Amari stanno per essere seguite dai fatti. Il governo intraprenderà un percorso di deregolamentazione del settore farmaceutico per produrre medicinali nuovi ed innovativi. Essere scettici, oltre che naturale, sembra anche doveroso. Conosciamo fin troppo bene i rischi legati ad un’innovazione troppo repentina e deregolamentata, e non conosciamo affatto le conseguenze sanitarie di un simile tentativo. Insomma, guardare ad altre soluzioni in attesa che attorno ad un simile tema possa crearsi un dibattito etico-scientifico sembra più che necessario. Intanto auguriamoci che l’idea non giunga alle orecchie di Brunetta, noto combattente del tipico “fannullone italiano”, e a quelle della Fornero. Il timore è che potremmo trovarci a parlare di una nuova riforma “protesi e catetere”. Sembra di leggere un racconto di fantascienza. Eppure, è la realtà.
La politica economica aggressiva del premier Shinzo Abe sta raccogliendo consensi nel mondo quantomeno per la sua audacia. Ma è sempre facile ammirare i rischi corsi dagli altri, soprattutto quelli legati ad una politica economica espansiva. Nell’ampio progetto di riforme, infatti, rientra anche il raddoppiamento della base monetaria del Giappone, un tentativo per aumentare l’inflazione e svalutare lo yen per accrescere le esportazioni.
Ma dietro all’arrembante tentativo di far ripartire l’economia si cela lo spettro del debito sovrano, fermo da tempo al 240% e che ora potrebbe tornare a crescere. Se è vero che il debito giapponese è detenuto in grandissima parte dai residenti, è altrettanto vero che con un eventuale aumento dell’inflazione i possessori di titoli potrebbero iniziare a richiedere tassi di interesse più elevati. Insomma, siamo nuovamente di fronte al rischio “bolla”. Per fortuna che i vecchietti, per quanto rianimati da nuove tecnologie, difficilmente arriveranno a subire gli effetti di una sconsiderata e rischiosa manovra. E’ difficile giudicare anticipatamente i risultati di queste decisioni, servirà del tempo e la fiducia dei mercati. Per ora noi limitiamoci ad impedire che ai nostri governanti di “larghissima intesa” possano venire in mente strane idee.
* Articolo di Andrea Salati tratto da Dailystorm.it
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