Peter Handke (Griffen, 6 dicembre 1942) è un romanziere e drammaturgo austriaco.
Nato a Griffen il 6 dicembre 1942 da madre slovena e da padre sconosciuto, Handke ha studiato giurisprudenza all’Università di Graz, ma senza laurearsi, perché si è dedicato presto alla letteratura in modo esclusivo e molto assorbente, prima attraverso dei pezzi teatrali, poi con racconti, romanzi, saggi, poesie e diari, ai quali si può aggiungere anche qualche esperienza di sceneggiatore per il cinema.
Si è fatto notare per lo spirito polemico nei confronti della generazione di scrittori che includeva Alfred Andersch, Heinrich Böll, Ilse Aichinger e Ingeborg Bachmann, dalla quale fu invitato nel 1966 a recarsi a Princeton, negli Stati Uniti, da dove tornò in Europa per dedicarsi alla letteratura d’avanguardia.
Particolare eco ebbe il suo Insulti al pubblico che lo metteva in posizione di sperimentatore e «outsider», presto si dedicò però all’introspezione con una scrittura densa e minimale, altamente descrittiva e ricca di visioni quasi cinematografiche che lo hanno fatto paragonare a Alain Robbe-Grillet e altri francesi della «école du regard».
Dal suo romanzo L’angoscia del portiere prima del calcio di rigore (Die Angst des Tormanns beim Elfmeter, 1970) il regista Wim Wenders, con il quale aveva avuto altre collaborazioni, trae il film omonimo. I due sono tornati a collaborare per il film Il cielo sopra Berlino.
Con La donna mancina (Die linkshändige Frau, 1976) anche Handke ha tratto un film (1978) da un proprio libro.
Alla situazione dell’ex-Jugoslavia ha dedicato tre lunghi reportage, e per polemica contro i bombardamenti sui civili in Serbia ha rifiutato il premio Büchner. Si sentiva legato a quel tormentato territorio, anche per via della madre (a seguito del suicidio della quale, avvenuto nel 1971, aveva scritto Infelicità senza desideri).
Nel 2009 è stato insignito del Premio Franz Kafka.
La donna mancina
Lei saliva con altri da una stazione del metro
mangiava con altri a una tavola calda
aspettava con altri in una lavanderia
ma una volta l’ho vista da sola
davanti a un giornale murale
Usciva con altri da un grattacielo d’uffici
si pigiava con altri ad una bancarella
era seduta con altri presso un campo-giochi di sabbia
ma una volta l’ho vista dalla finestra
giocare a scacchi da sola
Era sdraiata con altri su un prato del parco
rideva con altri in un labirinto di specchi
gridava con altri sull’ottovolante
e poi sola la vidi soltanto
camminare nei miei desideri
Ma oggi nella mia casa aperta:
la cornetta era girata dall’altra parte
la matita era a sinistra dell’agenda
a sinistra la tazza del tè
e il manico pure a sinistra
e vicino la mela sbucciata in senso inverso
(e non finita di sbucciare)
le tende raccolte a sinistra
e la chiave della porta di casa
nella tasca sinistra della mia giacca
Ti sei tradita, o mancina!
O era per lasciarmi un messaggio?
Vederti IN UN CONTINENTE STRANIERO io vorrei
perche’ finalmente in mezzo agli altri ti vedrei sola
e tu fra mille altri vedresti ME
e finalmente ci verremmo incontro.
Elogio dell’infanzia
Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.
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