Negli ultimi anni studi sul cervello umano hanno rivoluzionato il vecchio concetto di intelligenza che scaturiva dall’entità del corredo biologico e genetico dell’individuo ed oggi le neuroscienze, attraverso osservazioni, ricerche e sperimentazioni, hanno dato conferma a tante teorie (come quella del Prof. R. Feuerstein) che già anni or sono “osavano” considerare il cervello umano plastico, ossia modificabile.
R. Feuerstein fu, infatti, tra i primi ad ipotizzare la plasticità del cervello umano, ancor prima che gli studi sul campo neuro scientifico avvalorassero la sua ipotesi.
Oggi questa branca del sapere, nota appunto come neuroscienze,ha sviluppato ulteriormente il proprio terreno di ricerca, ottenendo i risultati scientifici sperati e validi, in quanto comprovati anche dalle attuali tecniche di indagine quali la TAC e la RMN e collabora, altresì, con le altre discipline quali la psicologia, la psicoanalisi, la pedagogia e la sociologia che si interessano dell’uomo da più punti di vista.
R. Feuerstein, come già accennato, è sempre stato convinto sostenitore della tesi che le strutture neuronali siano plastiche, cioè plasmabili, con il conseguente cambiamento nel comportamento cognitivo dei soggetti e nelle capacità di adattamento all’ambiente. Lo stesso Feuerstein ha affermato: «All’inizio della mia attività sostenevo, contro il parere di tutti, che era possibile contrastare i limiti biologici cambiando il comportamento di un individuo. Ancora non osavo affermare quello che ho sempre creduto e che oggi trova una conferma ufficiale nella scienza e cioè che noi possiamo cambiare non solo il comportamento umano, ma anche la struttura del cervello. Ricordo tanti anni fa, quando mi trovai a tenere una conferenza insieme con Erich Kandel, prof. della Columbia University, negli Stati Uniti. Sembrava che volessimo sostenere l’impossibile: l’uomo è strutturalmente modificabile. Nel 2000 Kandel ha ricevuto il premio Nobel per la medicina e la Psicologia, per aver dimostrato con esperimenti scientifici che il cervello non solo può arricchirsi ogni giorno di nuove conoscenze, ma è in grado di creare nuove strutture neuronali; è capace, se sottoposto a stimoli adeguati, a re-inventarsi, attivando nuovi circuiti. Le cellule cerebrali producono cosi nuove connessioni, più complesse, le quali creano un supporto strutturale per un funzionamento cognitivo più efficiente, il tutto ampiamente avvalorato sul piano scientifico. Ancora Michael Merzenich, docente dell’università della California e migliore ricercatore sulla plasticità del cervello, sostiene che esso ha l’abilità di creare nuove connessioni sinaptiche e afferma che “sofisticate tecniche di indagine neurale ci permettono di dimostrare che attraverso esercizi specifici si possono produrre cambiamenti nelle strutture cerebrali”.
“Nell’immaginario collettivo esiste l’idea che l’essere lenti, goffi, ingegnosi, intelligenti, siano caratteristiche che si ereditano” afferma il Dr. Merzenich “La convinzione che questi siano aspetti predestinati e stabili è profondamente insita nella mente di molti. Ma io credo che siano fondamentalmente derivati da ciò che viene insegnato al cervello e che siano passibili di modificazioni anche sostanziali nel corso di tutta la vita.
Ciò è importante”, egli prosegue, “perché è possibile utilizzare questi potenti processi per guidare il potenziamento. Che sia possibile ottenere sviluppi su larga scala nelle capacità di ragazzi ed adulti attraverso un appropriato ed intensivo programma di esercitazioni, è qualche cosa che abbiamo fatto ampiamente ed abbiamo dimostrato più e più volte. In un modo o nell’altro, la comprensione delle profonde implicazioni insite nella plasticità del cervello influenzano virtualmente ogni aspetto legato alla comprensione ed al trattamento dei problemi di apprendimento e dei disordini neurologici”. (A Learning Revolution: Dr. Michael Merzenich and’ Brain Plasticity’)
Secondo quanto viene fuori dalle sue ricerche le carenze non sono quindi irreversibili e ciò è dimostrato; se la biologia ha la sua parte, l’ambiente esterno, l’appartenenza all’ambiente socio-culturale, determinano la struttura cognitiva ed emozionale dell’uomo. Pertanto il livello di apprendimento non è dovuto alla dotazione biologica ma alle proposte dell’ambiente, rendendoci possibile, attraverso le esperienze, di poter percorrere sempre nuove vie, di riaccendere sempre nuovi circuiti: è ciò che ci rende esseri umani unici e diversi nel nostro modo di essere in ogni istante della nostra vita. Il compito del nostro cervello è di controllare tutte le funzioni del corpo che avvengono, attimo dopo attimo, con o senza il nostro sforzo consapevole. Il nostro cervello ospita un’intelligenza che ha la capacità di svolgere cosi tante attività, in modo talmente preciso che non vi facciamo caso, in pratica il nostro cervello è continuamente modificato da quanto pensiamo e compiamo.
I neuroni presenti nel nostro cervello, 10-100 miliardi, ciascuno interconnesso ad altrettante diverse migliaia, sono in grado di trasmettere le informazioni a tutte le altre parti del corpo e specializzati a ricevere stimoli e condurre impulsi in una vasta rete interconnessa. Nelle interconnessioni ha luogo la sinapsi. Nel corso della nostra vita il cervello modifica di continuo la sua forma ed è plasmato dagli eventi, da quanto apprendiamo, dalle emozioni e addirittura dalle conversazioni che intessiamo con i nostri simili; esso è continuamente arricchito dagli stimoli, dall’esperienza e attraverso la “concentrazione focalizzata” avviene l’apprendimento. Se focalizziamo cioè se associamo un concetto ad un altro concetto ” il cervello è in grado di costruire sulle memorie passate associando una rete neurale individuale con un’altra rete neurale individuale, costruendo blocchi per creare nuovi concetti, nuovi modelli”. Senza la completa attenzione del cervello su ciò che si sta facendo nel momento presente, il cervello attiva una serie di altre reti neurali che lo possono distrarre dalla sua intenzione originale. Senza concentrazione focalizzata, perciò, le connessioni nervose non avvengono e la memoria non è immagazzinata. Si apprende pertanto attraverso di essa e per mezzo di interventi esterni sistematici e intensivi. Qui il fondamento che la metodologia applicata dal Prof. R. Feuerstein da decenni conduce a modificazioni cognitive strutturali nell’individuo e una volta attivato e stimolato il cambiamento permane nel tempo e serve ad organizzare ed integrare altre funzioni, producendo appunto la modificabilità nella struttura cognitiva. Si produce pertanto una nuova capacità di pensare e di imparare su una nuova rete neuronale che organizzandosi si espande.
La normale stimolazione dovrebbe far crescere nuovi circuiti nervosi, ma se non si presta attenzione alla stimolazione, allora le connessioni nervose non si sviluppano come dovrebbero.
Inoltre, le funzioni cognitive, che risiedono in particolari zone, possono perdersi a seguito della “rottura” dei legami sinaptici ma, eventualmente, anche “recuperate” con successivi processi di apprendimento, atti a instaurare nuovi pattern (modelli) di interconnessione sinaptica.
Alcune regioni del nostro cervello, inoltre, sono particolarmente ricche, cioè strettamente collegate tra loro ed in grado di scambiarsi informazioni e di collaborare tra loro.
“Esiste inoltre un gruppo di aree molto influenti che si tengono reciprocamente informate e probabilmente collaborano su questioni che riguardano tutto il funzionamento del cervello. Esse sono altamente connesse a molte altre parti del cervello”.
Pertanto, al giorno d’oggi la biologia ha la sua parte attraverso l’insieme delle cellule ma l’ambiente esterno, con tutta una serie di stimoli ambientali e culturali ne determina la struttura sia cognitiva che emozionale della persona.
Il livello di apprendimento quindi non è determinato dalla dotazione biologica, come affermava Piaget bensì dalle proposte dell’ambiente e le nostre esperienze possono accendere sempre nuovi circuiti, offrire all’individuo nuove possibilità di apprendimento. Secondo R. Feuerstein, che nel corso della sua carriera si è sempre occupato di intelligenza e di apprendimento, “fino a quando questo pregiudizio di unire l’intelligenza ai fattori biologici non verrà abolito, moltissimi ragazzi rinunceranno ad aspirazioni che sono invece del tutto realizzabili, purchè essi siano sostenuti nei loro sforzi”.
Il cervello è infatti ’ il tipo di tessuto più sensibile all’interno di tutto il corpo umano.
“Come diceva Karl Pribram, tra i più grandi neurologi mai vissuti, il cervello è come un ologramma: un frammento contiene il tutto. Se una parte è danneggiata, per malattia o incidente, il resto dell’organo fa in modo di supplire”, creando appunto i nuovi percorsi.
Alle neuroscienze sono attribuite ancora le ultime scoperte dei neuroni specchio effettuate dai due neuroscienziati italiani Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolatti, i quali stanno cercando di divulgare le nuove scoperte e di renderle comprensibili anche ai non addetti ai lavori.
Riguardo i neuroni specchio negli ultimi anni si è riusciti a definire nel dettaglio il loro funzionamento e quindi anche la loro grande importanza per la conoscenza del comportamento umano.
Essi sono cellule localizzate in una precisa parte del cervello (zona fronto-parietale)e sono infatti capaci di reagire non soltanto ad un semplice stimolo, ma anche di ‘comprendere’ il significato di quel preciso stimolo.
Questa scoperta porta a stabilire che le diverse aree cerebrali non sono, come si pensava, suddivise per eseguire distintamente compiti esecutivi e compiti di controllo, ma azione e percezione costituiscono un’unica funzione. Questi neuroni hanno dimostrato di potersi attivare sia per eseguire una determinata azione sia in seguito all’osservazione di una azione simile compiuta da un altro individuo.
Scrive Rizzolatti (“So quel che fai”, Raffaello Cortina Editore, 2006): “l’attivazione dei neuroni specchio è in grado di generare una rappresentazione motoria interna (atto potenziale) dell’atto osservato, dalla quale dipenderebbe la possibilità di apprendere via imitazione”.
Gli esperimenti più affascinanti riguardano la capacità di comprendere lo stato emozionale dell’altro, di percepire ciò che percepisce l’altro. Esperienze recenti indicano che osservare un viso altrui che esprime un’emozione, stimola nell’osservatore i medesimi centri cerebrali che si attivano quando lui stesso presenta una reazione emotiva analoga. Incredibile, appassionante e coinvolgente come scoperta e siamo solo agli inizi.
Ognuno di noi è, pertanto, in grado di percepire il dolore dell’altro ma la compartecipazione empatica a questo dolore è diversa tra un individuo e l’altro. Scoperte entusiasmanti che aprono la via a mille altre ipotesi. Quel che è ormai un dato certo, continuano gli studiosi, e che “il messaggio che emerge dalle nostre ricerche sullo sviluppo del cervello e’ chiaro: il cervello ha un potenziale sconfinato, e’ una entita’ in continua trasformazione, lungo tutto l’arco della vita. Il modo con cui l’uomo si sviluppa ed impara dipende continuamente dall’interscambio tra la natura, cioe’ il bagaglio genetico, e il nutrimento, inteso non solo nel senso stretto del termine, ma nella sua accezione piu’ ampia, cioe’ l’ambiente sociale e culturale, gli stimoli e la qualita’ dell’insegnamento”. Il cervello cambia continuamente la sua struttura e le sue funzioni in risposta alle esperienze esterne, che ne trasmettono i segnali. La capacita’ di cambiare la struttura e la chimica in risposta all’ambiente e’ quella che noi chiamiamo plasticita’ (M. Diamond e J. Hopson. Magic Tress of the Mind, Dutton Books. New York, Penguin- Puntnam Group, 1998).
Questa scoperta rivoluzionaria ha cambiato non solo le tecniche di riabilitazione, ma cambierà nel tempo le metodologie educative e di insegnamento e, soprattutto, il concetto che si ha dell’uomo come essere modificabile. La persona ha così l’opportunità di imparare di nuovo e di riorganizzare le reti neurologiche che non solo erano sviluppate nel corso dei cicli precedenti. Tale caratteristica ciclica dello sviluppo potrebbe spiegare la straordinaria plasticita’ del cervello umano, capace di riparare, come abbiamo già detto, lesioni neuronali, soprattutto quando si trova in un ambiente benevolo e sostenitore. Ricordando le parole di Feuerstein quindi, ” I cromosomi non avranno l’ultima parola” e, secondo quanto ancora oggi egli afferma attraverso il suo lavoro dall’ICELP (The International Center for the Enhancement of Learning Potential ) di Gerusalemme, si può “imparare ad imparare” .
«L’intelligenza è la propensione dell’individuo ad utilizzare le proprie esperienze per trarne fonte di conoscenza. Ci sono però dei ragazzi intellettualmente molto dotati che non sanno sfruttare al meglio le loro capacità. Imparano solo quello che gli interessa e gli riesce facile, e amano solo quello che hanno imparato. Il numero dì questi bambini è in continuo aumento: il mio metodo può insegnare loro, che bisogna lavorare per risolvere i problemi, che imparare costa sforzo. Un’esperienza utile per tutti: anche un insegnante che si scontra con le difficoltà dell’apprendimento diventerà un docente migliore». (R. Feuerstein)
Con un bagaglio di simili prospettive attendiamo cos’altro ancora ci riserveranno le nuove scienze sulla conoscenza del cervello umano e delle sue fantastiche potenzialità.
(articolo di: Luigina Giglio, da utetcagliari.it)
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